Francesco Idotta, Abadir, Iiriti Editore.
Francesco Idotta è un giovane e brillante intellettuale reggino che ha già dato ottima prova di sé in campi diversissimi della cultura: critico letterario e narratore, si è occupato anche di ricerca antropologica, di tradizioni popolari, di sperimentazione pedagogica, di letteratura per l’infanzia, nonché di promozione del libro e della lettura nell’ambito del “Rhegium Julii”, famosa e benemerita istituzione culturale di Reggio Calabria. Attualmente insegna Lingua italiana all’Università per stranieri “Dante Alighieri” e collabora alle riviste “Lettere Meridiane” e “Il bollettino”. A questo importante e vasto curriculum mancava la poesia, la più impegnativa e, secondo alcuni filosofi, la prima tra le arti, che ora Idotta, con questo Abadir, affronta apertamente, accettandone l’ardua sfida con l’entusiasmo, l’impeto e la preparazione che lo contraddistinguono.
Il libro è diviso in tre parti: “Bambino”, “Abadir” e “Scirocco”, unificate dal fatto che l’una rimanda alle altre, che l’una è condizione di possibilità delle altre. Così, la terza parte, “Scirocco”, evoca il vento caldo e umido del sud, che stravolgendo l’ordine dei pensieri e dei sentimenti, rende possibile la sacra mania della poesia e in particolare la composizione di se stessa e delle altre due parti. “Bambino”, una appassionata disamina poetica sulla crisi odierna della formazione dell’infanzia, si riflette a sua volta – oltre che in “Scirocco” – nella disperante situazione attuale della maternità, esposta nella seconda parte – “Abadir” – e adombrata dal mito di Rea, che per salvare il figlio Giove, diede in pasto a Crono una pietra. E reciprocamente “Abadir” richiama necessariamente le altre due parti. In questo gioco di rimandi condotto dal vortice dissennante di uno spirituale scirocco, che rimescola senza tregua spazi, tempi, concetti, immagini, parole, ritmi e melodie, si distillano, in modo chiaramente subliminale, i musicali e suggestivi versi delle composizioni di Idotta, i cui punti fermi – o meglio – continuamente ricorrenti (quasi un’ontologia poetica), sono il Mediterraneo e i suoi miti, orizzonte, modello e termine di paragone del nostro convulso e confuso presente.
Sandro Dell’Orco